Prilla

Prilla era senza una zampina davanti, una venere di Milo soffice e pelosa, il manto nero chiazzato di nuvole bianche. Pronta a fingersi morta non appena presa in braccio, gli occhi lucidi di chi avesse pianto per amore, fingeva remissione.

Profumava di gelsomino e pane, e non miagolava, mai. Non appena un raggio di luce penetrava tra le tende lei saltellava sbilenca, cercando di acchiapparlo con il muso. Si arrendeva, infine, esausta; si accontentava di annusarlo e leccava il pavimento.